Quinta tappa del nostro percorso turistico è lo storico mulino di Momo. Questo mulino, detto “mulino di sopra”, era solo uno dei tre mulini dell’antico villaggio di Momo, ad oggi però è l’unico rimasto. È possibile immaginare che un altro mulino potesse essere collocato nei pressi del monastero a sud del castello, dove infatti si trova la via Molino Sotto. Sconosciuta è invece la posizione del terzo mulino detto di “mezzo”, situato probabilmente presso qualche corso d’acqua a est dell’abitato. Tornando al mulino che state ammirando questo fu abitato dal suo proprietario Lino “Murné” (che significa mugnaio nel dialetto di Momo) fino al primo decennio del 2000, e a lui si deve proprio la conservazione dello stesso in perfette condizioni. Dal punto di vista storico, notizie sui mulini di Momo si riscontrano nei vari scritti a disposizione già dal 1500, epoca in cui lo sfruttamento dei corsi d’acqua semplificò l’uso delle macine di pietra. In quei secoli, furono proprietari dei mulini “di sopra” e “di sotto” le famiglie nobili di Momo, i Cattaneo e Tornielli. L’attività dei mulini, anche se di interesse pubblico, rimase l’unica ad essere gestita dai privati mentre la comunità della villa si limitava ad incassare il dazio per il suo utilizzo. Dai contratti dell’epoca si ricava che il proprietario del mulino otteneva come compenso una parte del grano macinato e tutta la crusca, che utilizzava per allevare i maiali. La proprietà invece doveva fornire al mugnaio i mezzi necessari per svolgere il proprio lavoro, come ad esempio la consegna di un asino, oltre ad impegnarsi a mantenere l’immobile in buono stato. Con l’avvento dei Comuni nel XVII secolo i tre mulini di Momo divennero di proprietà della comunità, la quale ebbe il controllo diretto di questo servizio pubblico. Tuttavia, in questo periodo cambiarono anche le regole di concessione del mulino laddove per il mugnaio gli oneri divennero più gravosi; a Natale ad esempio era costretto a fornire un certo quantitativo di carne di bovino, capponi e polli vivi, mentre per tutto l’anno doveva mantenere pulita la roggia, riparare e mantenere in ottime condizioni di funzionamento il meccanismo dei congegni molitori. Alla comunità invece spettava la regolazione della chiusa di derivazione dell’acqua e le riparazioni dell’edificio. Gli appalti per la gestione dei mulini avevano durata triennale e il bando per la loro concessione veniva esperito per tre giorni consecutivi anche nei paesi limitrofi. Nei secoli successivi tornò ad essere di proprietà di un privato cittadino e così rimase fino ad oggi