Arrivati alla seconda tappa del nostro percorso, vi riportiamo indietro nel tempo fino alla nascita di Momo. Ebbene, i reperti ritrovati nell’area che si estende oltre la ferrovia e fino alla Strada Provinciale che collega Momo a Oleggio, permettono agli storici di datare la nascita di Momo addirittura prima che i Romani arrivassero a conquistare quest’area. Infatti, si ritiene che il paese di Momo sia stato fondato dai Celti, giunti nel nostro territorio dalla Svizzera. Queste fondamentali scoperte sono state effettuate grazie ai lavori per la creazione della pista per lo scavo del metanodotto Caltignaga-Borgomanero. Ed invero proprio durante questi scavi sono stati portati alla luce (nell’area indicata nella cartina con il numero 1) alcuni resti molto compromessi di insediamenti a carattere rurale, anche se gli archeologi hanno potuto ricostruire parte di un’ambiente rustico delimitato da un muro in ciottoli che si raccordava probabilmente con un’altra struttura. Nella seconda area, oltre ai numerosi resti di fondamenta, è stata ritrovata anche un’importante porzione di strada ben conservata e composta da ciottoli e frammenti di laterizi. Questa porzione di strada (9 metri di larghezza), aveva una base sabbiosa che eccedeva i limiti della stessa di circa un metro, dove all’epoca sorgevano gli scoli che correvano lateralmente alla massicciata. Sopra lo strato sabbioso vi correva uno strato di ghiaia di media e piccola pezzatura che nell’asse centrale della strada assumeva il caratteristico profilo a schiena d’asino. Lo scavo ha evidenziato che questo tratto di strada è stato oggetto di frequenti lavori di manutenzione, che indicano certamente che la stessa venne utilizzata anche in epoca medievale. Nella terza area invece è stato rinvenuto un complesso rustico di epoca romana e di notevoli dimensioni che nel tempo ha subìto diverse modifiche. La parte più antica di questo complesso è formati da frammenti murari composti da ciottoli privi di legante, è orientata da nord a sud e lunga ca. 23 m, caratterizzata da numerose lacune causate dallo sfruttamento agricolo dell’area e dalla presenza di supporti in cemento di un vecchio elettrodotto dismesso. Tali frammenti definiscono a ovest un grande edificio suddiviso in una serie di ambienti di dimensioni eterogenee, scanditi da setti divisori in muratura di ciottoli. L’impianto chiudeva a sud con due tratti della medesima struttura, legati ad angolo retto a un’altra muratura, che doveva costituire il limite meridionale del primo impianto. La seconda fase storica dell’area è segnata da un ampliamento dell’edificio originario in direzione sud. I nuovi ambienti che si aggiungono, sempre realizzati in ciottoli a secco conservati ai livelli fondali, si dispongono in contiguità con il precedente impianto, mantenendone l’orientamento ed estendendone lo sviluppo per almeno 50 m. Questo secondo edificio, di dimensioni ragguardevoli, è caratterizzato a est da un grande ambiente rettangolare, seguito a sud da un secondo, diviso in due piccoli vani, e da un terzo di probabile pianta quadrata con pilastrino centrale in ciottoli privi di legante. Alla terza fase appartengono invece altri ambienti che si giustappongono ai precedenti segnando un altro ampliamento verso sud dell’intero complesso. A caratterizzare le strutture di questa fase concorrono i materiali impiegati, non più solo ciottoli ma anche frammenti laterizi. Tutte le strutture appartenenti alle tre fasi si conservano solo a livello di fondazione. Immediatamente a ovest del complesso, con andamento a esso parallelo, è stato rinvenuto un canale largo a nord circa 1 m mentre a sud raggiungeva i 2 m ed era riempito per lo più da depositi di detriti composti da ciottoli e laterizi e confluiva in una struttura complessa, interamente realizzata in laterizi con pendenza nord-sud. Il manufatto era composto da tre elementi longitudinali paralleli in laterizi a formare strette canalizzazioni, conservate per una lunghezza di circa 14 m e parzialmente interrotte da una struttura con probabile funzione di chiusino per una parziale deviazione del flusso d’acqua, confluenti in una vasca posizionata nella parte meridionale di cui si è conservato solo il taglio. Non ci sono elementi per stabilire se l’abbandono di questa struttura, che certamente aveva una funzione produttiva legata all’impiego di acque correnti a lento scorrimento, sia stato contemporaneo a quello dell’impianto rustico. L’intero insediamento nel momento della sua massima espansione doveva raggiungere considerevoli dimensioni, come fanno supporre non solo lo sviluppo lineare ma anche le evidenti estensioni a ovest e est in area non indagata. Le strutture avevano un orientamento nord-sud, conforme sia a quello della centuriazione sia a quello della strada, rinvenuta in area 2 ad alcune centinaia di metri da questo sito. Nel corso delle operazioni di assistenza agli scavi per il metanodotto a nord dell’attuale abitato di Momo, è venuta inoltre alla luce una necropoli longobarda per un numero complessivo di 82 tombe. Detta area era verosimilmente ben più estesa verso ovest. Gli storici presumono che quest’area sepolcrale possa essere direttamente collegata con i predetti ritrovamenti di età Romana, anche se l’analisi dei materiali non ha, tuttavia, al momento condotto al riconoscimento di reperti che scendano oltre la tarda età romana né, d’altronde, dal territorio immediatamente circostante la necropoli sono mai emerse tracce insediative coeve alle ottantadue sepolture ad oggi indagate. Le tombe non presentano mai coperture, verosimilmente asportate nel corso delle arature, che hanno compromesso anche i piani di calpestio in fase con l’utilizzo cimiteriale dell’area. L’assenza di sovrapposizioni, tuttavia, consente di ipotizzare che le sepolture fossero ben visibili in superficie per tutto il periodo di uso della necropoli. Nella maggior parte dei casi le fosse sono terragne, di forma rettangolare, riconducibili a due tipologie principali - fossa “larga”, ben squadrata, con pareti verticali, fossa “stretta” con lati brevi arrotondati -, cui tuttavia non è allo stato attuale possibile attribuire una valenza cronologica. Dal punto di vista dei ritrovamenti, è stato possibile portare alla luce alcuni corredi femminili dagli orecchini a cestello, tutti in argento, con lenti in vetro blu inserite nei castoni, attribuibili alla prima metà del VII secolo. Altre quattro inumazioni custodivano vaghi di collana come elementi distintivi di genere, con perle di tipi (con decorazione ‘a piuma’ o con filamenti applicati a onde o concentrici) diffusi fra la fine del VI e la prima metà del VII secolo. Per quanto riguarda i corredi maschili due sono invece le tombe di armati dalle quali si è potuto portare alla luce una spada, alcune guarnizioni di cinture, una delle quali custodiva anche uno scramasax, un’arma corta da taglio caratteristica dei popoli germanici. Altre tombe hanno restituito tre croci in lamina d’oro, le uniche finora rinvenute nel sito: la prima presenta una puntinatura continua lungo tutto il margine e che forma una ‘X’ nel settore centrale; le altre due sono prive di decorazione: l’una ha bracci sottili e particolarmente allungati, l’altra è di proporzioni più canoniche, ma di spessore consistente, che conferisce maggiore rigidità al reperto. In due casi gli inumati furono deposti con armatura (detta panoplia) completa (spatha, scramasax, lancia, scudo, freccia); nella tomba più antica della sequenza lo scudo ‘da parata’ era decorato da una applique a triquetra, mentre un’altra tomba conteneva anche uno sperone ageminato. Altri ritrovamenti indicano che era piuttosto frequente l’offerta di vasellame ceramico: dove lo stato di conservazione ne consente la classificazione, si tratta di fiasche con decorazione a stampiglia e di una brocca con steccature a graticcio, tecniche di tradizione pannonica; morfologia dei contenitori e motivi impressi rimandano alla prima età longobarda (fine VI - prima metà VII secolo). L’analisi di tutti questi reperti e della disposizione delle tombe ha permesso agli storici di individuare le varie classi sociali degli inumati. È infatti possibile confermare la presenza di almeno un cavaliere (grazie al ritrovamento di un bacile in bronzo fuso con piede traforato chiaro segno distintivo dello status) con alcuni subalterni. Inoltre ciò permette anche di datare l’utilizzo del sito fino al primo decennio del VIII secolo