La chiesa di San Sebastiano sorgeva fuori dall’abitato, a sud, dove ora è il piazzale del cimitero comunale, ed era il patronato della famiglia Avogadro; già alla fine dell’800 non ne restava traccia. E’ però possibile tracciarne una descrizione sulla base di alcuni documenti. Non si hanno notizie sulla storia più antica dell’oratorio, né si conosce l’epoca della sua costruzione; il fatto però che il toponimo appaia solo a partire dalla metà del ‘500 fa pensare ad una fondazione piuttosto recente. Altre fonti ne suggeriscono invece una data più antica, intorno alla seconda metà del ‘300, probabilmente legata ad un voto in occasione della peste. L’inventario del 1617 ricorda “in fondo della terra di Momo” un “oratorio piccolo di Santo Sebastiano sotto a coppi, con il suo cancello di legno...(omissis)...nel quale non si celebra”. Gli atti di visita del vescovo Taverna del 1618 arricchiscono questa descrizione di altri elementi. L’oratorio è definito campestre e di ampiezza al prescritto; l’altare è posto sotto un emiciclo opportunamente dipinto con immagini sacre, è di giusta forma e ornato con un pallio di cuoio dorato; ai lati dell’altare ci sono due finestre di forma allungata; le pareti sono in ordine e anch’esse ornate di pitture sacre. Nel 1661 (visita del vescovo Odescalchi) l’edificio non appare sostanzialmente mutato. Il documento precisa che è posto “ad meridiem”, che la navata è “sub tegulis”, che ha due porte (una in facciata e una laterale) ed è privo sia di campana che di acqua benedetta. L’altare aderisce alla parete e non è rivestito; inoltre sono sempre presenti le pitture sull’emiciclo dell’abside e su quasi tutte le pareti interne. A quella data non ha redditi né elemosine e non vi si celebra. Nel 1784 Balbis Bertone, in occasione della sua seconda visita, lo definisce “oratorio campestre sotto il titolo de SS. Sebastiano e Gaudenzo”. Le indicazioni relative alla navata con tetto a vista e all’abside ad emiciclo con le due finestre oblunghe riportano a strutture architettoniche genericamente medievali o tardo-medievali. D’altra parte l’accenno alla giusta ampiezza della navata e l’apprezzamento positivo sulle pitture fanno pensare ad una data di costruzione intorno alla metà del ‘500 (quando si comincia ad avere traccia del toponimo), oppure di una fase di ristrutturazione e decorazione di un edificio più antico molto vicina ai primi documenti seicenteschi. Il monumento agli Alpini che sorge sul piazzale antistante il cimitero fu realizzato nel 1972 su iniziativa del locale Gruppo Alpini. E’ dedicato “agli Alpini d’Italia” caduti in tutte le guerre ed in particolare al momese Maggiore Carlo Boniperti (1899-1943), medaglia d’argento al valor militare, comandante del Battaglione Saluzzo della 4a divisione Cuneense, caduto nella campagna di Russia il 31 marzo 1943 e qui ricordato con una targa bronzea. La struttura ricorda una cresta montuosa che si staglia all’interno dell’aiuola antistante il cimitero. Anteriormente sono dislocati due obici d’artiglieria e quattro granate. Originariamente sulla sua “vetta” erano simbolicamente piantati un paio di sci con relativi bastoncini ed una piccozza con una corda da arrampicata, che nel tempo furono rimossi perché oggetto di atti di vandalismo. Nel cuore del monumento il Gruppo Alpini di Momo ha incastonato una piccola teca con all’interno un vasetto contenente due manciate di terra: una proveniente dalle sponde del Don, l’altra dei campi di Nikolyewka, il luogo dove fu combattuta l’eroica battaglia che diede inizio al rientro delle truppe a “baita” (a casa), pagando un altissimo prezzo in caduti, dopo settimane di cammino e di combattimenti nella gelida steppa.